
Scapece di alici alla gallipolina


Filetti di alici fritti e fatti marinare tra strati di mollica di pane imbevuta con aceto e zafferano.
Procedimento
Generalmente per la scapece gallipolina il pesce, tipicamente ope e cupidi, viene cotto senza essere spinato perché la successiva marinatura intenerisce anche la lisca e la rende commestibile, in questa ricetta noi abbiamo deciso di utilizzare il metodo della scapece gallipolina usando come pesce le alici che abbiamo comprato già spinate.
Aprire le alici, salarle e lasciarle scolare in uno scolapasta per 15-20 minuti. Versare della farina in un piatto, infarinare le alici e friggerle in abbondante olio bollente. Quando saranno ben dorate da entrambi i lati scolarle e disporle su carta assorbente in modo da eliminare l’olio in eccesso.
Al termine della frittura procedere con la preparazione della mollica. Prendere una pagnotta di pane raffermo – meglio se di grano duro – e separare la mollica dalla crosta, quindi sbriciolare la mollica e metterla in un contenitore.
Se il pane è ben raffermo sfregando con le mani la mollica si sbriciolerà con molta facilità; se invece si possiede del pane non troppo raffermo, dopo aver ridotto a piccoli pezzetti la mollica la si può mettere per pochi minuti nel forno caldo, ma non bollente, in maniera da farla seccare leggermente e da poter procedere con lo sbriciolamento.
Per preparare la scapece occorre un contenitore alto, l’ideale sarebbe una tinozza di legno, ma spesso non sono disponibili in casa o sono molto grandi e costringerebbero a preparazioni in gran quantità, quindi possiamo usare delle pirofile alte di vetro o di porcellana come quella illustrata nelle immagini, evitate contenitori di alluminio.
Si procede adagiando un primo strato di mollica di pane, si irrora con aceto in cui è stato sciolto lo zafferano, si prosegue con uno strato di alici fritte e si continua alternando strati di mollica di pane imbevuta di aceto e zafferano e alici fritte fino ad arrivare al bordo della pirofila, l’ultimo strato deve essere di mollica imbevuta.
Chiudere il contenitore con il suo coperchio o con della pellicola e tenere in frigorifero per almeno 2 giorni per la marinatura.
In realtà sono già buone da mangiare dopo qualche ora, ma per avere un’ottimale scapece il pesce fritto deve marinare abbastanza a lungo, soprattutto se si usa pesce non spinato.
TI RACCONTO QUESTA RICETTA
Come già suggerisce il nome, la scapece gallipolina è una preparazione tipica della città di Gallipoli, città marinara del Salento.
È un metodo di preparazione del pesce molto antica, risale al periodo medievale in cui Gallipoli era sottoposta agli assedi delle potenze mediterranee; gli abitanti della città erano dunque costretti a chiudersi all’interno delle mura per lunghi periodi, pertanto questa preparazione consentendo una lunga conservazione del pesce, alimento molto abbondante intorno alla città, permetteva un approvvigionamento di viveri che poteva durare nel tempo.
Il pesce usato per la scapece è di piccole dimensioni, tipicamente ope e cupiddhi che vengono fritti interi senza essere spinati perché la lisca interna si ammorbidisce poi durante la marinatura. La scapece gallipolina consiste in strati alternati di pesce fritto e mollica di pane raffermo imbevuta di aceto e zafferano, il tutto all’interno di tinozze di legno, in dialetto chiamate “calette”.
Lo zafferano è un ingrediente che caratterizza questo piatto perchè dona un bel colore giallo-oro alla mollica.
Come già detto, lo scopo di questo tipo di preparazione è quello di garantire la conservazione dell’alimento per un lungo periodo, oggi in realtà si tratta di un prodotto tradizionale che si trova in vendita nei mercati delle piazze di Gallipoli o nelle attività ristorative che propongono quei piatti caratteristici della gastronomia locale, insomma un tempo era una necessità oggi è una ricercatezza.
Quella gallipolina è solo una variante della scapece, infatti col semplice termine scapece si intende una preparazione culinaria che prevede prima la frittura di pesce o verdura e poi una marinatura in aceto. In base alla località, agli ingredienti e ai procedimenti si possono avere numerose varianti.
Ci sono diverse teorie sull’etimologia del termine “scapece”. Una di queste farebbe risalire l’origine del nome a Apicio, il più famoso cuoco e gastronomo degli antichi Romani, autore del primo libro di gastronomia “De Coquinaria”. La derivazione latina farebbe pensare che il termine scapece nasca dalla fusione delle parole esca e Apicio, esca in latino vuol dire pasto, pietanza e pare che Apicio nel suo libro consigliasse di cospargere i pesci fritti con dell’aceto caldo per poterli conservare a lungo. Da qui esca Apicii, pasto di Apicio, e quindi scapece in italiano e escabeche in spagnolo.
Un’altra teoria riportata nel Dizionario Etimologico di Pascual Corominas farebbe invece risalire l’origine della parola spagnola escabeche al termine arabo sikbâg, col quale si indicava una preparazione di carne tipica della Persia in cui veniva fatto uso dell’aceto. Questa parola suovava “iskebech”, da cui escabeche e quindi poi scapece.